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Quando la vita del Calcio a 5 si fa dura
Sabato, 24 Novembre 2012
Oggi accade con i miei amici. L’anno scorso è successo alla mia famiglia. Anche se questa famiglia è, di fatto, una coppia. Peggio ancora sarebbe se fossero coinvolti dei figli. Ciò che conta veramente è la maniera in cui il mondo del calcio a 5 italiano si comporta nei confronti della classe brasiliana.
Oggi i miei connazionali lottano soprattutto per la bandiera italiana, e ne è un chiaro esempio il mondiale della categoria che si è tenuto dal 1° al 18 novembre in Thailandia (la nazionale italiana è al 50% brasiliana). Ci rende orgogliosi sapere che oltre il colore verde-oro, gli italo-brasiliani difendono proprio gli azzurri perché sono talmente forti in quello che fanno che i paesi europei li prendono ad ogni costo per far sì che la loro squadra diventi competitiva.
Oggi la stragrande maggioranza degli atleti che gareggiano nelle serie principali del campionato nazionale di calcio a 5 italiano è brasiliana. Una forte presenza che è indiscutibile. E qui parliamo di Serie A, Serie A2 e Serie B, ma il fenomeno comincia già a diffondersi anche nelle categorie più basse. Una realtà all’italiana che sopravvive da anni.
Come mai i giocatori italo-brasiliani di calcio a 5 allora diventano cartacce da gettare all’improvviso? Senza un contratto che li tuteli e li difenda nei loro diritti di lavoratori, immigrati ed esseri umani? Dov’è il rispetto verso i giocatori brasiliani che si rivelano, nella maggior parte dei casi, un affare fruttuoso per le squadre italiane? Va bene ricordare che loro non sono tutti Falcão ma hanno lo stesso onore e orgoglio delle loro origini e sono anche delle persone che lottano una vita intera per il futsal, sia esso una passione o un mezzo di sostentamento.
Come mai la stampa specializzata chiude sempre gli occhi davanti a questa realtà? Come giornalista di formazione, posso anche capire le ragioni che inducono i colleghi degli uffici stampa a rimanere in silenzio. Ma il giornalismo sportivo, cari colleghi, non è fatto soltanto di mere trascrizioni di partite, resoconti di chi ha segnato o ricevuto il cartellino giallo, di chi ha vinto o perso la gara. I siti specializzati – che sono tantissimi per tutta l’Italia, come la TV e la radio che trasmettono le gare, hanno almeno il dovere di interrogarsi e di indagare sulle diverse realtà che costituiscono il mondo del calcio a 5 italiano.
Una volta è la crisi. L’altra lo stesso atleta che non ha dato l’anima per la squadra ed è invitato ad andarsene. Tutto ciò a metà stagione e col calcio mercato già chiuso per poter trovare una sistemazione adeguata? Purtroppo sì. Questa è la realtà nascosta dietro gli articoli che parlano superficialmente dell’uno o dell’altro atleta che ‘semplicemente’ hanno lasciato la squadra. La verità a volte è assai complessa. Quando è libero da vincoli contrattuali, il giocatore per legge non può iscriversi ad un’altra società italiana e purtroppo in Brasile il periodo del campionati ricorre in un momento diverso. Se vincolato ad una società italiana, invece di tornare al suo Paese dove resterebbe fermo e senza squadra perché non è libero di cambiare formazione, il giocatore si vede obbligato a rimanere in Italia, con lo stipendio dimezzato o peggio: senza nemmeno guadagnare un soldo anche se continua a lavorare.
I ragazzi in questione non sono dei professionisti che vi stanno chiedendo l’elemosina o stanno rubando – perché il calcio a 5 è tutto un altro mondo se confrontato alle grandi cifre del calcio a undici. Dopo anni di talento brasiliano ‘in Italia’ e ‘per l’Italia’ sarebbe doveroso ricevere comprensione e rispetto in terra straniera. Comprensione dei media e rispetto delle società. E che ogni tanto si possa anche ascoltare la voce dell’Associazione Italiana Calciatori in relazione agli italo-brasiliani che tanto meritano un sostegno legale in questa situazione di rischio.
La mia potrebbe anche essere una visione romantica dei fatti perché è vissuta dalla più debole delle due parti coinvolte nella storia. Ma non per questo è meno intensa; anzi, è ricca di particolari che, soltanto chi vive questa condizione, può raccontarvi al meglio.
Questa è una lettera aperta a tutti coloro che, in Italia, vogliono salvaguardare il calcio a 5 ed i suoi professionisti.
ANDRESSA COLLET
giornalista italo-brasiliana
24/11/2012
Oggi i miei connazionali lottano soprattutto per la bandiera italiana, e ne è un chiaro esempio il mondiale della categoria che si è tenuto dal 1° al 18 novembre in Thailandia (la nazionale italiana è al 50% brasiliana). Ci rende orgogliosi sapere che oltre il colore verde-oro, gli italo-brasiliani difendono proprio gli azzurri perché sono talmente forti in quello che fanno che i paesi europei li prendono ad ogni costo per far sì che la loro squadra diventi competitiva.
Oggi la stragrande maggioranza degli atleti che gareggiano nelle serie principali del campionato nazionale di calcio a 5 italiano è brasiliana. Una forte presenza che è indiscutibile. E qui parliamo di Serie A, Serie A2 e Serie B, ma il fenomeno comincia già a diffondersi anche nelle categorie più basse. Una realtà all’italiana che sopravvive da anni.
Come mai i giocatori italo-brasiliani di calcio a 5 allora diventano cartacce da gettare all’improvviso? Senza un contratto che li tuteli e li difenda nei loro diritti di lavoratori, immigrati ed esseri umani? Dov’è il rispetto verso i giocatori brasiliani che si rivelano, nella maggior parte dei casi, un affare fruttuoso per le squadre italiane? Va bene ricordare che loro non sono tutti Falcão ma hanno lo stesso onore e orgoglio delle loro origini e sono anche delle persone che lottano una vita intera per il futsal, sia esso una passione o un mezzo di sostentamento.
Come mai la stampa specializzata chiude sempre gli occhi davanti a questa realtà? Come giornalista di formazione, posso anche capire le ragioni che inducono i colleghi degli uffici stampa a rimanere in silenzio. Ma il giornalismo sportivo, cari colleghi, non è fatto soltanto di mere trascrizioni di partite, resoconti di chi ha segnato o ricevuto il cartellino giallo, di chi ha vinto o perso la gara. I siti specializzati – che sono tantissimi per tutta l’Italia, come la TV e la radio che trasmettono le gare, hanno almeno il dovere di interrogarsi e di indagare sulle diverse realtà che costituiscono il mondo del calcio a 5 italiano.
Una volta è la crisi. L’altra lo stesso atleta che non ha dato l’anima per la squadra ed è invitato ad andarsene. Tutto ciò a metà stagione e col calcio mercato già chiuso per poter trovare una sistemazione adeguata? Purtroppo sì. Questa è la realtà nascosta dietro gli articoli che parlano superficialmente dell’uno o dell’altro atleta che ‘semplicemente’ hanno lasciato la squadra. La verità a volte è assai complessa. Quando è libero da vincoli contrattuali, il giocatore per legge non può iscriversi ad un’altra società italiana e purtroppo in Brasile il periodo del campionati ricorre in un momento diverso. Se vincolato ad una società italiana, invece di tornare al suo Paese dove resterebbe fermo e senza squadra perché non è libero di cambiare formazione, il giocatore si vede obbligato a rimanere in Italia, con lo stipendio dimezzato o peggio: senza nemmeno guadagnare un soldo anche se continua a lavorare.
I ragazzi in questione non sono dei professionisti che vi stanno chiedendo l’elemosina o stanno rubando – perché il calcio a 5 è tutto un altro mondo se confrontato alle grandi cifre del calcio a undici. Dopo anni di talento brasiliano ‘in Italia’ e ‘per l’Italia’ sarebbe doveroso ricevere comprensione e rispetto in terra straniera. Comprensione dei media e rispetto delle società. E che ogni tanto si possa anche ascoltare la voce dell’Associazione Italiana Calciatori in relazione agli italo-brasiliani che tanto meritano un sostegno legale in questa situazione di rischio.
La mia potrebbe anche essere una visione romantica dei fatti perché è vissuta dalla più debole delle due parti coinvolte nella storia. Ma non per questo è meno intensa; anzi, è ricca di particolari che, soltanto chi vive questa condizione, può raccontarvi al meglio.
Questa è una lettera aperta a tutti coloro che, in Italia, vogliono salvaguardare il calcio a 5 ed i suoi professionisti.
ANDRESSA COLLET
giornalista italo-brasiliana
24/11/2012
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